Il concetto di sostenibilità esiste da sempre nell’indole dell’essere umano, capace di adattarsi a qualsiasi ambiente. Non ci sorprende che l’uomo sia sempre stato capace di sfruttare a proprio favore le risorse presenti in natura, già predisposte al loro stesso riuso o al riciclo. Eppure, ad oggi, siamo circondati da campagne di sensibilizzazione verso temi come sostenibilità e ambiente. Abbiamo forse perso questa abilità che ci ha sempre contraddistinti?
In questo articolo parleremo sì di sostenibilità, ma ci concentreremo in particolare su un circuito preciso: quello della moda, uno dei settori più colpiti dalle critiche degli ambientalisti.

Close up of woman hands choosing clothes hanging on rack
Fondato su un continuo susseguirsi di tendenze, il prodotto di moda punta ad avere un ciclo di vita della durata di una stagione. Ammettiamolo, tutti noi abbiamo nell’armadio un capo (magari comprato proprio in questo periodo) che non siamo sicuri di poter riutilizzare il prossimo anno.
Ed è proprio questo circolo vizioso, che si instaura tra case produttrici legate al “fast” e consumatori poco consapevoli, a rendere difficile il riciclo di una massa così grande di potenziali rifiuti. Considerando lo spreco di materiali in fase di produzione e l’impiego intensivo di risorse naturali, ecco che quello della moda si aggiudica uno dei primi posti nella classifica dei settori più inquinanti al mondo.
Non si può però ignorare che negli ultimi anni, anche grazie alle campagne di sensibilizzazione di enti e privati, si sta delineando in quasi tutti i settori un nuovo profilo di consumatore, più curioso e attento alla ricerca di un prodotto di qualità. In un certo senso il “green” è di tendenza.
Per questo anche l’industria della moda si è trovata davanti alla necessità di proporre al mercato un prodotto che fosse al contempo fashion e sostenibile. Non riguarda solo le grandi firme, ma anche quei brand che storicamente si sono identificati sotto il nome di “fast fashion”. Alcuni esempi si possono trovare in alcune iniziative intraprese da catene come H&M, che nel 2020 ha avviato una campagna di raccolta vestiti usati, con lo scopo di riciclarne le fibre. Nello stesso anno, “Conscious” diventa il nome della loro collezione all’insegna dell’eco sostenibilità, in cotone biologico e riciclato.

Clothing label brand
Se si è interessati all’acquisto di un capo ecosostenibile, è quindi necessario documentarsi riguardo all’etica dei nostri marchi preferiti. Un altro trucchetto fondamentale è prestare attenzione alla tracciabilità del prodotto. Hai presente quell’ etichetta che trovi sui cartellini dei vestiti o al loro interno? La prossima volta che farai shopping dagli un’occhiata prima di tagliarla via.
La tracciabilità si riporta proprio grazie a etichettature che permettono di rintracciare l’origine dell’articolo. Si tratta di una “carta di identità” del prodotto che ne descrive le caratteristiche, tra cui la composizione e l’osservazione delle regole ambientali da parte delle aziende produttrici. Seguire il percorso dal produttore al consumatore è un fattore imprescindibile per stimare il valore del bene che si vuole acquistare e le case di moda ci aiutano in questa impresa.
Un marchio che si occupa di valorizzare e tutelare la filiera della moda è TF, Traceability & Fashion, dell’Associazione delle Camere di Commercio Itf (Italian Textile Fashion). Si tratta di un sistema di tracciabilità volontario, attraverso il quale il consumatore può risalire al luogo in cui sono state compiute le principali fasi di lavorazione del prodotto. Tutto questo con un semplice clic. Con l’aiuto di una semplice etichetta il cliente ha a disposizione un codice numerico attraverso il quale può verificare l’affidabilità del marchio accedendo al sito www.itfashion.org.
Non a caso quando nel 2015 Gucci aveva annunciato la propria strategia di sostenibilità decennale, aveva inserito tra gli obiettivi proposti per il 2025 proprio la volontà di raggiungere il 100% di tracciabilità per le materie prime dei propri prodotti.
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Ecco come un approccio sostenibile può incrementare anche l’interesse attorno a un brand, che acquista valore e credibilità su uno dei temi più discussi del momento.
Che si tratti di un abito o di un accessorio, esiste inoltre una vasta gamma di materiali naturali e rinnovabili con cui sbizzarrirsi per fare la differenza. Se le aziende saranno sempre più attente a far ricadere i propri prodotti nelle macro categorie di “biologico” o “riciclato”, sarà anche sempre più facile trovare capi di abbigliamento realizzati in cotone biologico, canapa biologica, ortica o juta.
Una vera e propria rivoluzione su tutti i fronti!