Dal 25 giugno al 01 agosto 2021 è visitabile, nel Palazzo Podestarile di Montelupo Fiorentino, la mostra CERAMICA DOLCE. Design e artigianato a Montelupo.

“Ceramica Dolce” : Palazzo Podestarile di Montelupo
L’esposizione propone i capolavori realizzati a conclusione dei Cantieri ceramica e design 2020-2021 durante i quali, sotto la direzione artistica di Silvana Annichiarico, artisti e designer di fama internazionale hanno prodotto opere e Collezioni presso le botteghe e le aziende del territorio.

“Ceramica Dolce” : Palazzo Podestarile di Montelupo
Nella storia di Montelupo Fiorentino, infatti, la ceramica ha da sempre svolto un ruolo attivo, sia identitario sia economico: dal periodo rinascimentale, in cui era considerata “la fabbrica di Firenze”, fino ad arrivare alle esperienze manifatturiere del Novecento. Le tecniche messe a punto nelle botteghe sono state nel tempo tramandate di generazione in generazione, arrivando a donare alla città una reputazione legata all’idea di una ricerca del gusto, di bellezza e di continue sperimentazioni.
CERAMICA DOLCE, nonostante le numerose interruzioni e difficoltà che ha dovuto affrontare a causa del lungo periodo pandemico, è riuscita a riprodurre il concetto di Cantiere Artistico, grazie alla direzione di Silvana Annichiarico: artisti e designer hanno prodotto i propri lavori a Montelupo assieme alle maestranze locali. Un’importante capacità “dolce”, come sottolinea il titolo stesso della mostra, di dialogo, di confronto, di ricerca produttiva, del linguaggio, dei materiali, delle forme, di una condivisione di esperienze, saperi e visioni. Un rapporto stretto tra artigianato, arte e design che trova la sua massima espressione in un orizzonte di continue sperimentazioni con l’unico obiettivo di rivisitare e reinventare gli archetipi dell’artigianato montelupino. In altre parole, questi artisti sono eredi di una tradizione da tutelare per le generazioni future.
Sette collezioni create dagli artisti ospiti e dalle manifatture, con la collaborazione degli studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze, che hanno svolto per l’occasione il ruolo di assistenti alla produzione sviluppando anche una propria progettualità. Sette collezioni per sette ambienti in mostra all’interno del Palazzo Podestarile (già sede del Museo della Ceramica e attualmente di mostre temporanee), curato da Marco Ulivieri per ricreare uno spazio che racconti l’intero percorso progettuale. In mostra sarà acquistabile un Catalogo e verrà anche presentato un docufilm realizzato dall’Università IULM di Milano in grado di testimoniare il lavoro di queste persone, il legame con il territorio e con il paesaggio.
Il percorso ha avuto inizio lo scorso anno con Matteo Cibic in tandem con il Laboratorio d’arte Dolfi di Ivana Antonini. Insieme hanno creato una Collezione calata in una dimensione onirica e visionaria: in una sorta di “Paradiso dei Sogni” o di “Paese dei balocchi”. Il lavoro è proseguito coinvolgendo anche altri laboratori ceramisti, affiancati a sette designer con storie molto differenti fra loro. In ognuno di questi progettisti non ci sono solo elementi di realizzazione, di creazione di forme ma, attraverso gli oggetti che creano, desiderano trasmettere pensieri legati alle “urgenze dei nostri tempi”, al tema della contemporaneità.
Il primo, Antonio Aricò, possiede la straordinaria capacità di abbattere i confini, di unire il settore dell’artigianato con quello del disegno industriale e della moda. Ne Gli obelischi di Montelupo, Collezione prodotta con Terrecotte Tuscany Art, l’Italia compare come un insieme di storie che collegano nord e sud, est e ovest. L’immaginario dei giardini toscani è “popolato” da personaggi di terracotta: testuggini sormontate da piramidi, elefanti con le loro portantine, serpenti simbolo e stemmi comunali che riprendono vita nel 2021 ridisegnandosi in maniera fantastica. Il concetto di totem/obelisco urbano come opera artigianale di decoro viene contaminato dalle logiche progettuali tipiche del disegno industriale e della moda. Questa collezione di oggetti, assemblati uno sull’altro, creano grandi sculture comunicative, diventando arredi urbani o di dehor. Singolarmente i moduli diventano intimi oggetti da poter acquistare uno ad uno: vasi, specchi, sedute, contenitori, e così via.
Il secondo, Francesco Binfaré (Milano, classe 1939), maestro indiscusso della storia del Design italiano, è dotato di visioni poetiche e, al contempo, possiede un’importante capacità di controllo del progetto e di conoscenza profonda della Cultura e della Storia. L’opera in mostra è Angeli Oggi, Collezione prodotta con Ceramiche d’Arte Dolfi di Ivana Antonini. Il tema degli “angeli” è infatti centrale nella vita personale dell’artista: “forme di pensiero non ancora comprensibili all’alba, che assumono una loro razionalità qualche ora dopo, dando luogo ad altre/i soluzioni e temi”, come afferma Binfaré stesso. Angeli piccoli, giovani e soddisfatti o vecchi e stanchi, inseriti all’interno di un tempietto in scala 1:10, in vista di una possibile futura installazione urbana; nessuno vola e le loro ali appaiono potenti e pesanti. Uno di loro, seduto, guarda attonito e lieto un’enorme foglia di fico caduta dal tempo dei grandi, volgendo al cielo la sua gratitudine. L’opera dimostra infatti quanto il mondo della storia dell’arte ingigantisca il passato, tanto da farci sentire piccoli. Secondo questa lettura gli angeli siamo noi, che cerchiamo costantemente di arrivare alla luce di Dio per poi cadere. L’artista, per la rappresentazione di questa scena, ha probabilmente preso ispirazione visitando Firenze, e osservando una foglia di fico caduta da un angelo dipinto da Masaccio.
Il terzo, Lorenzo Damiani, nato nel 1972, ha invece il potere di sorprendere sempre lavorando per “spostamenti di punti di vista”. L’artista comprende a fondo i diversi processi produttivi, per poi inserire all’interno di questi ultimi continue innovazioni. In Collezione 1973, Collezione prodotta con Ceramiche Fratelli Bartoloni, Damiani ha lavorato sul riutilizzo di frammenti di lavorazioni ceramiche tipiche della tradizione montelupina attraverso un nuovo processo produttivo di sezione stratigrafica del Pozzo dei Lavatoi di Montelupo, scoperto nel 1973. Tradizione e innovazione dialogano, forse per la prima volta, all’interno di questi elementi fortemente decorativi e stratificati ma funzionali, in cui sono poste in stretta relazione due realtà tanto lontane: la manualità artigianale della decorazione ceramica e una lavorazione più tecnologica, quale la modellazione con fresatura a cinque assi, abitualmente utilizzata in altri ambiti di riferimento. Raccontare la genesi di questa Collezione significa ripercorrere la storia del Museo della Ceramica di Montelupo. In Storie invece, Collezione prodotta con Ceramiche Fratelli Bartoloni, si coniuga un linguaggio contemporaneo a manufatti tipici dell’artigianato di Montelupo Fiorentino. I piatti, finemente decorati a mano secondo la tradizione, e accostati come medaglioni di una collana intorno al corpo di vasi essenziali per forma e finitura, rivendicano con fierezza la loro storica – ma sempre attuale – qualità estetica, narrando l’evoluzione del decoro ceramistico nella tradizione artistica locale. I piatti sono applicati in modo permanente oppure calamitati e quindi intercambiabili, in rapporto alla dimensione, per offrire la possibilità di sostituirli, rinnovando l’oggetto stesso. Questa collezione propone una rielaborazione contemporanea della produzione di ceramiche smaltate tipiche del luogo che, pur mantenendo la loro identità intrinseca, divengono elementi di una composizione altra.
L’italiano Maurizio Galante e l’israeliano Tal Lancman abitano a Parigi (Francia), e lavorano da molti anni “a quattro mani”. Gli artisti, infatti, disegnano abiti come se fossero contenitori, architetture costruite attorno ad un corpo e in funzione di esso. La loro bravura è stata quella di trasferire questo concetto anche nel lavoro di produzione di questa ceramica. Dopo un’attenta ricerca degli archetipi a livello di forma nel vasellame (greco, romano ecc.), hanno lavorato sugli “oggetti amici”: quelli che ci fanno compagnia nella vita di tutti i giorni (tavoli, sedie ecc.), concreta manifestazione delle nostre più intime emozioni. Gli artisti sono stati in grado di fondere linguaggi differenti, come quelli dell’Alta Moda. Oltre a ciò, il martello è risultato protagonista nel loro progetto; molti oggetti sono stati infatti volutamente distrutti. Avendo lavorato moltissimi anni in Giappone, Galante e Lacman hanno inoltre scoperto una nuova maniera di vedere la figura del “mostro”. Nella cultura giapponese rappresenta non solo il male, ma anche il bene. Il risultato di errori umani che tornano costantemente contro l’essere umano. In Kaiju Monsters visit Montelupo, Collezione prodotta con Sergio Pilastri Ceramica con Vita, vediamo una serie di cinque vasi con alcuni personaggi quasi mimetizzati al loro interno, detti Kaiju. Questi ultimi sembrano essere un misto tra figure maligne e benigne, considerati per certi versi gli antenati dei nostri Pokémon. Attorno ad essi piante carnivore, pipistrelli, melagrane e banane. Il bronzo è il filo che cuce un materiale incucibile come la ceramica, per riunire elementi creati per essere frantumati. A tal proposito, è interessante sapere che la loro più grande collezione di “mostri Kaiju” si trova oggi al Centro Georges Pompidou (Parigi). Mostri che, in fondo, fanno costantemente parte della nostra vita: dobbiamo viverci, conviverci, manifestarli senza timore per riuscire a domarli, per lasciarli andare, o magari per trovargli un luogo in cui riposare. L’equilibrio, nella vita di ognuno di noi, è infatti fondamentale.
Il quinto, Duccio Maria Gambi, è un giovane fiorentino capace di trasformare i suoi progetti in storie. L’artista, costantemente ossessionato dall’elemento del tempo, dal collegamento tra passato remoto e futuro ipotetico, cerca di trasferire questi elementi nelle sue opere. In mostra vediamo Era, Collezione prodotta con Bitossi Ceramiche, in cui sono visibili attente riflessioni sul concetto di frammento, di scarto, su quanto questo sia indissolubilmente legato al fantasma di qualcosa che non c’è più, a una degradazione percepita rispetto a un modello di uso o estetico. Paradossalmente Maria Gambi afferma di aver lavorato con la materia dura, scolpita e non con quella morbida, modellata. Su alcuni frammenti ha instillato identità inserendo la progettualità di un taglio, di una forma, evidentemente razionale e non casuale come quella originaria.
Il sesto, Valerio Sommella, nato a Cortona ma cresciuto a Milano, opera pienamente nel solco della disciplina del disegno industriale ed è convinto che la bellezza della forma sia il mezzo principale per arrivare al cuore delle persone, di tutti noi. L’idea della Collezione Narciso, Collezione prodotta con Centro Ceramico Sperimentale di Montelupo, nasce dalla decisione di lavorare la ceramica concentrandosi sulla sua finitura piuttosto che sulla sua forma. Durante la prima visita dell’artista al Centro Sperimentale, Sommella aveva notato una serie di manufatti con finiture specchiate e aveva deciso di produrre degli specchi. È cominciato così un processo creativo complesso che, inizialmente, voleva dar forma a oggetti completamente differenti da quanto visto a Montelupo. Durante la seconda visita al Centro Sperimentale, mentre Sommella rifletteva sulla tradizione locale e percorreva un corridoio pieno di piatti decorati appesi, il suo progetto cambia improvvisamente direzione. Lo studio della forma lascia così spazio alla tradizione dei piatti di Montelupo, la decorazione materica subentra a quella pittorica e il colore sparisce del tutto lasciando spazio a una finitura a specchio. Così gli oggetti diventano complementi d’arredo la cui superficie specchiata irregolare restituisce immagini riflesse imperfette, come l’acqua con Narciso.
Infine, Mario Trimarchi, siciliano di nascita e milanese d’adozione, lavora sempre sul tema dei disequilibri, della precarietà. In Bassa Marea, Collezione prodotta da Terrecotte Corradini & Rinaldi, ogni giorno la marea si abbassa e riporta alla luce i nostri piccoli detriti, frammenti delle nostre vite allegre e malinconiche, piattini in cui abbiamo condiviso il cibo e bicchierini in cui abbiamo brindato al domani. Queste piccole architetture incerte sono un omaggio all’instabilità permanente, alla fragilità eterna, al dubbio; oggetti che invitano a muoverci più lentamente e a parlare a voce bassa, aiutandoci ad attraversare la vita da equilibristi. Se li mettessimo al centro della casa, se ci girassimo intorno per scoprirne le ombre e le sfumature di colore, se decidessimo di non sfiorarli mai per paura di romperli, allora forse attorno ad essi potremmo ricostruire un nuovo modo delicato dell’abitare. Invece, in Istante, Site specific prodotto da Terrecotte Corradini & Rinaldi, compare l’urgenza dell’adesso, del riposizionamento delle nostre certezze. Ci fa considerare un nuovo tipo di equilibrio, imprevisto, instabile, eterno. La grande coppa rotonda e generosa potrebbe da un momento all’altro cadere o divenire cornucopia; posta in bilico sulle colonne, ci invita ad assaporare comunque la durata dell’istante. “Se un pezzo di ceramica si rompe, noi ci disperiamo. Se noi cessiamo di vivere, la ceramica non se ne accorge. Ecco perché la ceramica vince sempre”, afferma a conclusione Trimarchi.
Foto di: Mario Lenzi, fornite da Ufficio Stampa Davis&Co.